sabato 14 giugno 2014

Mondiali 2014… quanti anglicismi!

Tackle, pressing, assist... ma perché tutte queste parole straniere nel linguaggio dello sport?


Il mondiale Brasile 2014 è iniziato da qualche giorno e stasera c’è il debutto della nostra squadra nazionale in Italia-Inghilterra. Questo match mi ha interessato più che dal punto di vista sportivo per il collegamento mentale scattato in me (deformazione professionale?) con una problematica di carattere linguistico: ma perché diavolo il linguaggio del calcio è così pieno di parole inglesi?

Iniziamo col dire che le “parole straniere” utilizzate in un’altra lingua si definiscono in italiano forestierismi. Di forestierismi sono spesso zeppi i linguaggi specialistici (LSP). Il linguaggio del calcio rientra appunto in questo gruppo di LSP, ovvero un linguaggio caratterizzato da un grosso lessico tecnico utilizzato solo in un determinato contesto e condiviso tra una comunità di parlanti che non rappresenta la totalità della popolazione. Una interessante riflessione su quale è nello specifico il linguaggio specialistico dello sport ce la offre Fabio Rossi nel suo intervento “La lingua nello Sport”, pubblicato nell’articolo Sport e comunicazione nella società moderna sul sito della Treccani:

Nella sua triplice accezione di 'lingua dei giornalisti sportivi', 'insieme dei termini tecnici dei vari sport' e 'lingua, scritta e parlata, dei tifosi', mantiene una sua piena riconoscibilità e specificità non soltanto lessicale.

E’ difficile tuttavia che i parlanti italiani lo riconoscano a pieno come un linguaggio specialistico (si pensi al confronto con il lessico medico o informatico). A tal proposito continua Fabio Rossi:

A differenza di altre lingue speciali (per es. quelle dell'economia, dell'informatica o della medicina), invece, quella sportiva non si presta agevolmente alla distinzione tra livello specialistico e livello divulgativo.

Questo è dovuto al fatto che in Italia il calcio è così nazionalpopolare da far sembrare il suo lessico del tutto ordinario. Ma è dovuto soprattutto alla preponderanza che questo sport ha nei media e nella comunicazione italiana. E’ stato studiato che circa il 40% delle produzioni televisive, giornalistiche e radiofoniche italiane sono infatti incentrate sullo sport, in particolare sul calcio. E si pensi quanto ormai il mondo dell’informazione anche non sportiva attinga continuamente al lessico sportivo per creare titoli coinvolgenti e ad effetto.

Ma uscendo da questa parentesi di analisi del discorso e tornando alla questione linguistica. I modi in cui una parola straniera entra nella propria lingua possono essere molteplici e, sintetizzando molto, si distinguono in prestiti e calchi.

1. I prestiti sono parole che vengono introdotte nella lingua prendendole da altre lingue. Possono essere non integrati - le parole straniere in senso stretto, come hamburger, hot dog, rugby; o integrati – ovvero, che subiscono un adattamento fonetico e ortografico alla lingua di arrivo, rendendoli praticamente indistinguibili da una parola italiana. Ne è un esempio la parola bistecca, prestito dall'inglese beef steak (l’avreste mai detto che si tratta di un prestito infatti?), o la parola sciare, proveniente dal norvegese ski (che si pronuncia appunto sci in norvegese).
2. I calchi linguistici sono trasposizioni letterali di una espressione straniera nella lingua di arrivo. Ne sono esempi grattacielo (da skyscraper) o nell’ambito sportivo, pallacanestro (da basketball).

Per quanto concerne il lessico del calcio, si tratta per gran parte di prestiti più o meno integrati (si pensi a crossare e dribblare, che vengono integrati all’italiano dal punto di vista grammaticale). Ma la domanda che tutti si staranno ponendo è perché proprio dall’inglese? Una spiegazione concisa ci viene ancora una volta da Fabio Rossi:

Gran parte degli sport oggi praticati entra in Italia dalla Francia o dall'Inghilterra nell'ultimo decennio del 19° secolo, portando dunque con sé un ricco contingente di prestiti di necessità. Anche gli sport praticati in Italia fin dai secoli precedenti vengono rilanciati o riorganizzati da noi sul modello, anche linguistico, inglese (ippica, calcio). Lo sport diventa pertanto, alle soglie del Novecento, uno dei principali serbatoi di forestierismi e, successivamente, una delle prime fonti di arricchimento del nostro lessico tradizionale. Lo stesso anglicismo sport (d'origine francese: desport).


A questa curiosità storica mi permetto di aggiungere che l’enorme successo degli anglicismi nello sport ha a mio parere anche un legame fortissimo con il sopracitato predominio giornalistico. Le parole inglesi hanno un grandissimo vantaggio e cioè sono brevi, una caratteristica che sicuramente fa comodo al giornalista per impaginare titoli ad effetto o al telecronista per aumentare il suo rapporto parole al secondo.
Ma veniamo a una analisi di quali sono le parole inglesi più gettonate nel calcio italiano (qui ci aiuta gentilmente Wikipedia). Ove possibile, tenteremo di dare una alternativa in italiano al forestierismo, non perché ci piace il purismo linguistico di stampo fascista ma solo a titolo informativo.

Assist: passaggio di un giocatore ad un altro con successivo gol del giocatore che ha ricevuto il passaggio. In inglese vuol dire appunto assistere. Variante italiana: rifinitura.
Bomber: significa bombardiere e si riferisce a un attaccate particolarmente prolifico di gol. Variante italiana: cannoniere, traduzione letterale di "bomber", la cui introduzione risale al fascismo.
Cross: tipo di passaggio, solitamente da posizione laterale in cui la palla viene alzata da terra per consentire all'attaccante di deviarla verso la porta. In inglese significa incrociare, si riferisce proprio al fatto che la traiettoria della palla è perpendicolare a quella dell’attaccante. Variante italiana: traversone.
Corner: significa semplicemente angolo, ma designa, in italiano, il calcio che si effettua posizionando la palla all’angolo del campo. In inglese questo si chiama corner kick. Variante italiana: calcio d’angolo.
Dribbling: (o dribblare)  gesto tecnico consistente nel superare l'avversario con la palla al piede grazie ad una rapida mossa atta a disorientarlo. Il termine deriva dal verbo inglese to dribble che indica la direzione rapida, imprevista ed incontrollata della bava di una persona o di un animale (lo so, fa schifo), paragonata al movimento del calciatore che effettua il dribbling. Variante italiana: scartare.
Fair play: comportamento rispettoso nei confronti degli avversari nell'ambito delle competizioni sportive. Non è perfettamente traducibile in italiano, letteralmente significa gioco corretto, da intendersi come lealtà. Il termine è una parola d'autore dovuta a William Shakespeare, che lo coniò in Troilo e Cressida, del 1601.
Goal: è uno di quegli esempi di prestito oserei dire semi-integrato. In italiano è infatti stato riadattato ortograficamente in gol ed è perfettamente corretto scrivere la parola in entrambe le maniere. L’origine inglese rimane tuttavia abbastanza percettibile. In inglese vuol dire obiettivo, meta. Variante italiana: rete.
Pressing: da press, fare/esercitare pressione, è la tattica di gioco che prevede il disturbo costante verso il portatore di palla da parte di avversari, al fine di prevenire passaggi e recuperare palla. Variante italiana: non trovata, se non traducendo letteralmente.
Tackle: (erroneamente pronunciato techel) significa placcare, contrastare, affrontare e indica un contrasto tra due giocatori per la conquista del pallone. Variante italiana: contrasto per il calcio, placcaggio per il football americano e rugby.
Tunnel: significa galleria ed  è il gesto tecnico consistente nel far passare la palla fra le gambe di un avversario (come all’interno di una galleria appunto). Nessuna variante in italiano nella sua accezione calcistica.
Turn over: rotazione strategica degli elementi della squadra tra le varie partite al fine di dosare le forze ed limitare gli affaticamenti degli atleti. Significa appunto rotazione, ricambio in inglese. Nessuna variante in italiano nella sua accezione calcistica.

Un paio di parole ci sono state invece gentilmente regalate dallo spagnolo, o meglio dal Sudamerica patria di questo sport: goleador (nel senso di bomber) e golazo (in italiano integrato a gollazzo, specie nel sud Italia), termine coniato dai giornalisti sudamericani per definire un gol estremamente bello.

Alcune parole italiane invece sono praticamente intraducibili in altre lingue, tra queste:

Catenaccio: modulo tattico che si caratterizza per una spiccata attitudine difensiva. E’ una parola importante perché è uno dei pochi termini sportivi in italiano a essere stato prestato ad altre lingue, perché schema molto tipico adottato dalla nazionale italiana nelle competizioni internazionali. Ma nonostante il nome italiano con cui è ormai noto internazionalmente, il catenaccio ebbe le sue origini negli anni trenta in Svizzera, per iniziativa del tecnico austriaco Karl Rappan (1905-1996). Egli propose per la prima volta il catenaccio nel 1932 quando sedeva sulla panchina del Servette.
Zona Cesarini: deriva da Renato Cesarini, attaccante degli anni Trenta che spesso segnò gol anche importanti nel corso degli ultimi minuti di gara; il termine è quindi largamente utilizzato per definire un gol segnato, appunto, allo scadere del tempo di gioco. Questo termine è impregnato di cultura italiana e dunque non è stato esportato.


Ma esistono nel mondo del calcio anche italiani celebri, che con le loro gaffe linguistiche sono stati capaci di coniare espressioni che sono diventate persino accettate e normalizzate nella lingua straniera. Uno di questi è il mitico Trapattoni con il suo “ich habe fertig” (“ho finito”) alla fine dell’epica conferenza stampa del 14 Marzo 1998, errore in tedesco per l’uso del verbo avere (in tedesco dicono “ich bin fertig”, col verbo essere). Ich habe fertig è diventato un vero tormentone e variante assolutamente consentita in chiave scherzosa.


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