Si è appena conclusa per me
l'obbligatoria tappa, quasi una iniziazione visto che è la mia prima
volta, al Salone del Libro di Torino. Imperdibile per me, visto che
il paese ospite d'onore è la Germania. Sono appena tornata a casa,
dopo una doccia rigenerante e con il portafogli svuotato. Svanita l'eccitazione adrenalinica che segue normalmente all'acquisto
compulsivo di cose piacevoli, mi resta a mente fredda una sola parola
chiave per descrivere la mia esperienza a quello che è il più
importante evento editoriale in Italia: frustrazione. E vi spiego il
perché.
E' un week end di maggio, a Torino ci
sono trenta gradi da settimane. Quasi ogni week end li passiamo ormai
al lago o in montagna, lontani dall'afa della città. Ma questo week
end no, si va alla fiera del libro! Ma non sarà un vero peccato,
sprecare una giornata di sole per andarsi a chiudere in quella immensa tristezza che è il Lingotto Fiere? Domande che ci assillano da settimane, me e la mia
amica Alice, fedele compagna del tempo libero. Da così tante
settimane che alla fine ci riduciamo a decidere il venerdì. Ok, dai,
non si può non andare, andiamo. Inizio a guardare il programma online e
scopro che è di una fruibilità pessima: troppi, davvero troppi
eventi, mille nomi di sale e spazi conferenza e la sensazione che non ci puoi star dietro. E' troppo tardi per iscriversi ai
numerosi workshop, alcuni di traduzione che mi sarebbero molto
piaciuti. Gli eventi proposti un giorno, diciamo il giovedì, non
sono ripetuti nel fine settimana, quindi o sei un fancazzista che non
lavora di giovedì o quell'autore te lo sei perso. Pazienza, sabato e
domenica ci sono decisamente cose di alto livello. E qui la seconda
sorpresa: il biglietto di ingresso è valido per solo un giorno. Se
vuoi entrare sia il sabato sia la domenica insomma, dovrai pagare due
ingressi. Vabbè. Andiamo la domenica, perchè ci sono tre eventi
interessanti: una speech su delle traduzioni di Musil, Zygmut Bauman
e Travaglio.
All'ingresso sborsiamo i primi 9 euro
della giornata (lo sconto per possessori di Abbonamento Musei
Piemonte è di ben 1 euro). Perché mai mi facciano pagare un ingresso
per entrare a una mostra-mercato, un mistero. Devo pagare per spendere, un abominio contro cui mi batto da anni. Io
ho tutto sommato un potere d'acquisto che me lo permette, ma penso ad un ragazzino
di 15 anni con 10 euro in tasca, che avrebbe potuto entrare gratis e
uscire con un libro da 10 euro. Arricchito nell'anima. E invece no,
quei 10 euro li deve pagare per entrare (o meglio non li pagherà e
non entrerà).
Prima della mostra-mercato, l'interesse
primario sono gli incontri. Una mezz'oretta solo per raccattare
mappa, programma cartaceo e trovare le indicazioni per le sale degli
incontri importanti. Arriviamo alla sala dell'incontro con Bauman,
c'è coda, tanta coda. Dopo 10 minuti una simpatica signorina ci
informa che “lasciate ogni speranza”, la sala è piena e non
faranno entrare più nessuno. Era l'incontro per cui i 9 euro di
biglietto, per me, avevano un senso. Ma c'è troppa gente. “Se
volete abbiamo degli schermi qui accanto per seguire la conferenza
dall'esterno”. Mi avvicino, poco più di 30 pollici di schermo e 50
persone intorno, senza sedie. Non si vede e non si sente nulla. “Se volete farvi
firmare una copia abbiamo lo stand qui fuori quando finisce la
conferenza”. Io e la mia bella copia di Amore Liquido lasciamo
perdere, lo stand è al sole e pieno di gente. Pazienza, Bauman arriva l'estate e lo trovi a qualsiasi evento italiano fino alla sagra della zampina di Sammichele. Dal manuale: come scroccare vacanze in Italia se sei un intellettuale.
Buttiamoci nella mostra-mercato. Tre
signore e signori tre padiglioni enormi, centinaia di espositori. Mi
gira la testa dopo 10 minuti. Si chiama information overload e di solito mi colpisce dopo qualche ora in un museo. E c'è
così tanta roba desiderabile che penso che a quel punto è meglio non
comprare nulla. Ma è bugia, già lo so.
Presto i padiglioni si mostrano
deludenti: gli stand più grossi li hanno i grandi editori:
Feltrinelli, Mondadori, Giunti, Rizzoli, Einaudi, che hanno allestito
all'interno della fiera veri e propri NEGOZI, sembrano delle enormi
filiali dei loro punti vendita in città. Se voglio un libro
Feltrinelli, forse è meglio che vada a comprarlo alla Feltrinelli in
una mattinata tranquilla! Ma qui c'è l'inghippo: tutti gli
espositori hanno offerte allucinanti tipo sconti al 50% o 3x2. Ok,
eccezionale, ma mi sembra comunque una cretinata passare la mia
domenica in una Feltrinelli dentro una fiera al chiuso a sgomitare con le
persone. Passo oltre.
Nel padiglione 2 c'è un enorme stand
del Goethe Institut. Finalmente qualcosa di realmente degno! Hanno
scaffalate ricche di volumi, tutti di autori tedeschi, in tedesco, di
editori tedeschi, fumetti, romanzi, poesia, saggistica. Sono in
paradiso. Trovo un volume, si chiama Tanz der Tarantel di Kirsten
Wulf, è un giallo tedesco (i cosiddetti Krimi) ambientato in
Puglia... non posso non comprarlo! Lo afferro e mi dirigo vittoriosa
e trionfante allo sportello dello stand, poggio il libro. Una tipa mi
guarda interrogativa “serve qualcosa?” “ehm, sì, vorrei
comprare questo...” “ah ma guardi che i libri in questo stand non
sono in vendita, solo di esposizione”
…
Cioè mi state dicendo che avete
centinaia di volumi introvabili in Italia solo per farmi rosicare? O
ancora peggio, per farmi fotografare il codice a barre e andarlo ad
acquistare dal nemico giurato delle fiere del libro di tutto il
mondo, Amazon? “Se vuole può provare allo stand della Luxembourg
qui accanto”. Vado. Lo stand più piccolo e disordinato della
storia. Il peggiore della giornata. Ovviamente dei centinaia di
volumi spettacolari esibiti a puro scopo espositivo del Goethe,
nessuno era presente alla Luxembourg in vendita.
Proseguo, incazzata come una iena.
Alice ci abbandona alla volta della conferenza su Musil. Al ritorno
ci racconta un po' delusa che per quanto la speech sia stata
interessante, i professori sono tutti scappati via con le loro valige
una volta finito di parlare, senza dare la possibilità di fare
domande.
Nel frattempo mi aggiro ormai in uno
stato comatoso tra le bancarelle, tra caldo e folla (neanche
esagerata, forse a causa del tempo estivo). Ho finalmente trovato uno
stand che mi attira: è quello di MagicPress con Feudalesimo e Libertà e la loro
prima pubblicazione, l'Inferno di Dante. Ci sono persino loro a fare
firma, dedica e gogna a chi acquista il libro. Bravi, simpatici e
divertenti, si meritano i miei primi soldi.
E' quasi l'ora di Travaglio,
avviciniamoci alla sala Gialla. La folla, che per Bauman era di poche
decine di persone in eccedenza, questa volta si estende per almeno
100 metri. Ci allontaniamo prima ancora di formulare anche solo un
pensiero favorevole al tentativo di mettersi in attesa. Ennesimo
evento degno di nota inaccessibile per l'inadeguatezza della
struttura.
In un'altra saletta, sperduta tra le
bancarelle, si presenta il libro su Morgan. Un cartello a caratteri
cubitali si scusa della assenza del cantante alla presentazione.
Passiamo oltre.
Gli stand di editori per l'infanzia
hanno di sicuro le proposte più carine, tra cui splendidi libri
di fiabe popolari d'Italia illustrati. Se avessi un nipotino, si
meriterebbero i miei soldi.
Splendida conferma anche gli editori di
fumetti, che invitano autori per le dediche sui volumi, si scambiano
chiacchiere, sorrisi e complimenti. Si fanno ottimi sconti.
Sulle sedioline per Gramellini e Pupi
Avati (che non si sono meritati una speech in una sala chiusa ma in
mezzo al caos della mostra-mercato) c'è tanta di quella gente che si
dovrebbe ascoltare la speech in piedi, ma con tutta quella confusione
e sistemi di amplificazione non proprio eccelsi, fuori dal raggio
delle postazioni a sedere si sente poco. Oltre al fatto che, dopo ore di cammino tra i padiglioni, se il mio span di attenzione da seduta è già pessimo, da in piedi è livello pesce rosso. Andiamo avanti.
Lo stand del Cicap, l'organizzazione scientifica di Piero Angela, ha esaurito le copie del loro libro sulla Torino misteriosa, e si sbatte un sacco quindi a promuovere i loro splendidi tour della Torino magica (che propone attenzione anche una spiegazione scientifica alla cosa, non come quei faziosi gomblottisti della concorrenza!).
Ci aggiriamo tra i piccoli editori
indipendenti, dove trovo l'approccio migliore a questa fiera. Alcuni
stand propongono pochissimi libri, ma dietro il bancone una persona
che li ha letti e che conosce bene il movimento artistico e ti spiega
tutto, per filo e per segno. Si meritano i nostri soldi.
Alcuni stand sono così eleganti e
seriosi che ti senti in imbarazzo. Per fortuna un
giovane in giacca e cravatta della Treccani ci invita a toccare
questi preziosissimi volumi, perché “i libri sono fatti per essere
toccati”. Una signora gli risponde che quei libri sembrano così
preziosi da sembrare intoccabili e ha ragione, non solo dal punto di vista tattile. Altri stand sono così noiosi da
sembrare ridicoli (la polizia? La banca d'Italia?)
Io e Alice ci avviciniamo con gridolini
di eccitazione allo stand dell'Istituto Italiano di Studi Germanici.
Il ragazzo dietro il bancone ci accoglie col calore di chi vede per
la prima volta qualcuno avvicinarsi con tale entusiasmo. Hanno delle
belle idee, tra cui quello di rendere tutto disponibile online
gratis. E sì, si meritano i nostri soldi. E evidentemente per loro è
un evento così raro che ci regalano mezzo stand in gadget, e ci allontaniamo esibendo orgogliose la shopper "griffata". Roba da germanisti.
A questo punto capisco che tentare di
vedere tutti gli stand mi procurerebbe solo un pesante mal di testa e
gambe gonfie come zampogne a fine serata. Sono esausta. Cerco sulla
mappa lo stand della Tunuè, una casa editrice che conosco da tempo e
adoro. Senza pensarci troppo chiacchiero, mi faccio consigliare e
spendo. Compro un volume a fumetti su Sostiene Pereira. Il ragazzo al
banco mi fa “ma non riesci a passare domani? Domani mattina viene
l'autore per autografare i volumi....”.
Mi piacerebbe, caro amico, ma questo
sistema mi imporrebbe di pagare nuovamente il biglietto d'ingresso.
Ennesima occasione sprecata della mia spedizione. Ennesima
frustrazione e amaro in bocca.
Devo parlare di cosa mi è davvero
piaciuto? Lo stand della Puglia: programma fittissimo e interessante
e una esposizione di gran gusto e livello, esteticamente impeccabile. Il padiglione sopraelevato
del turismo Piemonte, dove oltre ad aver trovato le uniche sedute libere dell'intera fiera, facevano assaggiare gratis la MoleCola, la
Coca Cola alternativa di Torino (per chi qui ci vive non una grande
novità, per gli estranei una vera attrazione). Lo stand di IBS.it, con pochi libri e molti Tolino. Un sacco di bei
ragazzi negli stand.
L'episodio-emblema della mia opinione su questo Salone riguarda dei ragazzi della mia età che, volantini alla mano, cercavano a tutti i costi di sponsorizzare una scuola di tecniche di apprendimento e lettura veloce sostenendo che fosse possibile imparare perfettamente il tedesco in due mesi. Ho ripensato a quel punto ai miei 13 anni di studio matto e disperatissimo, ai numerosi soggiorni all'estero e tuttavia a quella socratica sensazione di non sapere ancora nulla, e la mia risposta è stata "ti ringrazio, ma io sono a favore di una lettura lenta e faticosissima".
Insomma, la parola chiave del Salone del Libro è
frustrazione perché tra le folle, le code, gli eventi inaccessibili
e il caldo infernale hai la sensazione di essere entrato e di esserti
perso, e di aver perso tutto ciò che c'era di veramente bello. E
forse di esserti anche perso la bellissima giornata fuori. Perché
qui conta il consumo. La cultura è merce, non più un bene. Che
sommata a una focaccia e una birra in fiera per sopravvivere a questa
giornata fanno 70 euro, andandoci leggeri.