Tackle, pressing, assist... ma perché tutte queste parole straniere nel linguaggio dello sport?
Il mondiale Brasile 2014 è iniziato da qualche
giorno e stasera c’è il debutto della nostra squadra nazionale in Italia-Inghilterra. Questo match mi ha
interessato più che dal punto di vista sportivo per il collegamento mentale scattato
in me (deformazione professionale?) con una problematica di carattere
linguistico: ma perché diavolo il linguaggio del calcio è così pieno di parole inglesi?
Iniziamo col dire che le
“parole straniere” utilizzate in un’altra lingua si definiscono in italiano forestierismi. Di forestierismi sono
spesso zeppi i linguaggi specialistici (LSP).
Il linguaggio del calcio rientra appunto in questo gruppo di LSP, ovvero un
linguaggio caratterizzato da un grosso lessico tecnico utilizzato solo in un
determinato contesto e condiviso tra una comunità di parlanti che non
rappresenta la totalità della popolazione. Una interessante riflessione su quale
è nello specifico il linguaggio specialistico dello sport ce la offre Fabio
Rossi nel suo intervento “La lingua nello Sport”, pubblicato nell’articolo Sport e comunicazione nella società moderna sul
sito della Treccani:
Nella sua triplice accezione di 'lingua dei giornalisti sportivi', 'insieme dei termini tecnici dei vari sport' e 'lingua, scritta e parlata, dei tifosi', mantiene una sua piena riconoscibilità e specificità non soltanto lessicale.
E’ difficile tuttavia che
i parlanti italiani lo riconoscano a pieno come un linguaggio specialistico (si
pensi al confronto con il lessico medico o informatico). A tal proposito
continua Fabio Rossi:
A
differenza di altre lingue speciali (per es. quelle dell'economia,
dell'informatica o della medicina), invece, quella sportiva non si presta
agevolmente alla distinzione tra livello specialistico e livello divulgativo.
Questo è dovuto al fatto
che in Italia il calcio è così nazionalpopolare da far sembrare il suo lessico del tutto ordinario. Ma è
dovuto soprattutto alla preponderanza che questo sport ha nei media e nella
comunicazione italiana. E’ stato studiato che circa il 40% delle produzioni
televisive, giornalistiche e radiofoniche italiane sono infatti incentrate
sullo sport, in particolare sul calcio. E si pensi quanto ormai il mondo dell’informazione anche non
sportiva attinga continuamente al lessico sportivo per creare titoli
coinvolgenti e ad effetto.
Ma uscendo da questa
parentesi di analisi del discorso e tornando alla questione linguistica. I modi in cui una parola straniera entra nella propria lingua possono essere
molteplici e, sintetizzando molto, si distinguono in prestiti e calchi.
1. I prestiti sono parole che vengono
introdotte nella lingua prendendole da altre lingue. Possono essere non
integrati - le parole straniere in senso stretto, come hamburger, hot dog, rugby; o integrati – ovvero, che
subiscono un adattamento fonetico e ortografico alla lingua di arrivo,
rendendoli praticamente indistinguibili da una parola italiana. Ne è un esempio
la parola bistecca, prestito dall'inglese
beef steak (l’avreste mai detto che
si tratta di un prestito infatti?), o la parola sciare, proveniente dal norvegese ski (che si pronuncia appunto sci in norvegese).
2. I calchi linguistici sono trasposizioni
letterali di una espressione straniera nella lingua di arrivo. Ne sono esempi grattacielo (da skyscraper) o nell’ambito sportivo, pallacanestro (da basketball).
Per quanto concerne il
lessico del calcio, si tratta per gran parte di prestiti più o meno integrati
(si pensi a crossare e dribblare, che vengono integrati all’italiano
dal punto di vista grammaticale). Ma la domanda che tutti si staranno ponendo è
perché proprio dall’inglese? Una
spiegazione concisa ci viene ancora una volta da Fabio Rossi:
Gran
parte degli sport oggi praticati entra in Italia dalla Francia o
dall'Inghilterra nell'ultimo decennio del 19° secolo, portando dunque con sé un
ricco contingente di prestiti di necessità. Anche gli sport praticati in Italia
fin dai secoli precedenti vengono rilanciati o riorganizzati da noi sul
modello, anche linguistico, inglese (ippica, calcio). Lo sport diventa
pertanto, alle soglie del Novecento, uno dei principali serbatoi di
forestierismi e, successivamente, una delle prime fonti di arricchimento del
nostro lessico tradizionale. Lo stesso anglicismo sport (d'origine
francese: desport).
A questa curiosità
storica mi permetto di aggiungere che l’enorme
successo degli anglicismi nello sport ha a mio parere anche un legame fortissimo
con il sopracitato predominio giornalistico. Le parole inglesi hanno un
grandissimo vantaggio e cioè sono brevi,
una caratteristica che sicuramente fa comodo al giornalista per impaginare
titoli ad effetto o al telecronista per aumentare il suo rapporto parole al
secondo.
Ma veniamo a una analisi
di quali sono le parole inglesi più
gettonate nel calcio italiano (qui ci aiuta gentilmente Wikipedia). Ove
possibile, tenteremo di dare una alternativa in italiano al forestierismo, non perché
ci piace il purismo linguistico di stampo fascista ma solo a titolo
informativo.
Assist: passaggio di un giocatore ad un altro con successivo
gol del giocatore che ha ricevuto il passaggio. In inglese vuol dire appunto assistere. Variante italiana:
rifinitura.
Bomber: significa bombardiere
e si riferisce a un attaccate particolarmente prolifico di gol. Variante italiana:
cannoniere, traduzione letterale di "bomber", la cui introduzione risale
al fascismo.
Cross: tipo di passaggio, solitamente da posizione laterale in
cui la palla viene alzata da terra per consentire all'attaccante di deviarla
verso la porta. In inglese significa incrociare,
si riferisce proprio al fatto che la traiettoria della palla è perpendicolare a
quella dell’attaccante. Variante italiana: traversone.
Corner: significa semplicemente angolo, ma designa, in italiano, il calcio che si effettua posizionando
la palla all’angolo del campo. In inglese questo si chiama corner kick. Variante
italiana: calcio d’angolo.
Dribbling: (o dribblare)
gesto tecnico consistente nel superare
l'avversario con la palla al piede grazie ad una rapida mossa atta a
disorientarlo. Il termine deriva dal verbo inglese to dribble che indica la direzione rapida, imprevista ed
incontrollata della bava di una persona o di un animale (lo so, fa schifo),
paragonata al movimento del calciatore che effettua il dribbling. Variante italiana:
scartare.
Fair play: comportamento rispettoso nei confronti degli avversari
nell'ambito delle competizioni sportive. Non è perfettamente traducibile in
italiano, letteralmente significa gioco corretto, da intendersi come lealtà. Il
termine è una parola d'autore dovuta a William Shakespeare, che lo coniò in Troilo e Cressida, del 1601.
Goal: è
uno di quegli esempi di prestito oserei dire semi-integrato. In italiano è
infatti stato riadattato ortograficamente in gol ed è perfettamente corretto scrivere la parola in entrambe le
maniere. L’origine inglese rimane tuttavia abbastanza percettibile. In inglese
vuol dire obiettivo, meta. Variante
italiana: rete.
Pressing: da press, fare/esercitare pressione, è la tattica
di gioco che prevede il disturbo costante verso il portatore di palla da parte
di avversari, al fine di prevenire passaggi e recuperare palla. Variante italiana:
non trovata, se non traducendo letteralmente.
Tackle: (erroneamente pronunciato techel) significa placcare,
contrastare, affrontare e indica un contrasto tra due giocatori per la
conquista del pallone. Variante italiana: contrasto per il calcio,
placcaggio per il football americano e rugby.
Tunnel: significa galleria
ed è il gesto tecnico consistente nel
far passare la palla fra le gambe di un avversario (come all’interno di una
galleria appunto). Nessuna variante in italiano nella sua accezione calcistica.
Turn over: rotazione strategica degli elementi della squadra tra
le varie partite al fine di dosare le forze ed limitare gli affaticamenti degli
atleti. Significa appunto rotazione,
ricambio in inglese. Nessuna variante in italiano nella sua accezione
calcistica.
Un paio di parole ci sono state invece gentilmente regalate dallo spagnolo, o meglio dal Sudamerica
patria di questo sport: goleador
(nel senso di bomber) e golazo (in italiano integrato a gollazzo, specie nel sud Italia), termine
coniato dai giornalisti sudamericani per definire un gol estremamente bello.
Alcune parole
italiane invece sono praticamente intraducibili
in altre lingue, tra queste:
Catenaccio: modulo tattico che si caratterizza per una spiccata attitudine difensiva. E’ una parola importante perché è uno dei pochi termini sportivi in italiano a essere stato prestato ad altre lingue, perché schema molto tipico adottato dalla nazionale italiana nelle competizioni internazionali. Ma nonostante il nome italiano con cui è ormai noto internazionalmente, il catenaccio ebbe le sue origini negli anni trenta in Svizzera, per iniziativa del tecnico austriaco Karl Rappan (1905-1996). Egli propose per la prima volta il catenaccio nel 1932 quando sedeva sulla panchina del Servette.
Zona Cesarini: deriva da Renato Cesarini, attaccante degli anni Trenta che spesso segnò gol anche importanti nel corso degli ultimi minuti di gara; il termine è quindi largamente utilizzato per definire un gol segnato, appunto, allo scadere del tempo di gioco. Questo termine è impregnato di cultura italiana e dunque non è stato esportato.
Ma esistono nel mondo del calcio anche italiani celebri, che con le loro gaffe linguistiche sono stati
capaci di coniare espressioni che sono diventate persino accettate e
normalizzate nella lingua straniera. Uno di questi è il mitico Trapattoni con il suo “ich habe fertig”
(“ho finito”) alla fine dell’epica conferenza stampa del 14 Marzo 1998, errore
in tedesco per l’uso del verbo avere (in tedesco dicono “ich bin fertig”, col
verbo essere). Ich habe fertig è
diventato un vero tormentone e variante assolutamente consentita in chiave
scherzosa.
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